Fratelli by Brigitte Reimann

Fratelli by Brigitte Reimann

autore:Brigitte Reimann [Reimann, Brigitte]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza


8.

La sera verso le undici eravamo in una birreria che qui da noi chiamano il «carrozzone degli zingari».

La proprietaria è una valchiria evanescente con il rauco baritono di chi già a colazione si scola un bicchiere di grappa, ma non è mai davvero ubriaca. Andiamo volentieri nel suo locale perché fa il gulasch migliore della città.

Uli beveva una birra, per me aveva ordinato una vodka; lì c’era solo vodka tedesca, che ha lo stesso sapore del Kümmel e brucia la gola. «Terribile» dissi.

«Allora prendi una birra» disse Uli.

«Non me ne faccio niente, della birra».

Eravamo su un divano rosso pieno di macchie sotto la finestra. Voltando appena la testa di lato, tra le maglie della tendina ingiallita dal tabacco si vedeva Marktplatz con i suoi palazzi sbiaditi, il selciato dai riflessi azzurrognoli e il leone dorato sulla porta della farmacia. Davanti al negozio di fiori all’angolo, con i ciclamini rosa e color salmone che balenavano in vetrina tra le piante ornamentali, si era radunato un gruppo di ragazzi in giacca di pelle. Le loro moto erano zeppe di cromature e specchietti e misteriosi aggeggi di ogni genere.

«I bulli della stazione» disse Uli ridendo.

I ragazzi erano in piedi intorno alle moto, rilassati, una gamba con il ginocchio leggermente piegato spostata in avanti e una mano sul fianco. Fumavano. Non parlavano. Si limitavano a starsene lì, e improvvisamente uno balzò in sella e partì a tutto gas, e nel giro di un attimo l’intero gruppo si dileguò in una scia di motori scoppiettanti, che sfrecciarono per la piazza e scesero lungo Hauptstraße. Nella strada stretta il rumore triplicò.

«Hanno modificato le marmitte» disse Uli.

«Non molto rispettoso, eh?»

Uli sogghignò.

«Anch’io ho truccato la mia moto. A vent’anni non apprezzi il romanticismo delle sonnacchiose città di provincia. È l’unico brivido che possono permettersi… Il bullo muore al più tardi quando mette su casa».

«È per questo che non ti sposi?»

Lui disse seccato: «Anche. Benché non mi definisca più un bullo… Semplicemente la vita sedentaria mi fa orrore».

«Anche a me» dissi, e poi, costernata, mi corressi: «Ma quando ami qualcuno funziona così».

Uli mi guardò. «Nemmeno tu sei felice». Sorrise dolcemente. «Madame Strega-Streghetta…»

Mi si fermò il cuore. Premetti la mano di Uli sulla mia guancia e sussurrai: «Potremmo vivere insieme, Uli, come immaginavamo da piccoli… Vieni nel kombinat. Avrai di nuovo una posizione… Solo io e te, sarà meraviglioso…»

I ragazzi svoltarono ancora su Marktplatz, i loro caschi brillavano bianchi e rossi alla luce dei lampioni.

Scesero dalle moto e ricominciarono a ciondolare e a fumare, con la disinvolta noncuranza copiata da un eroe del cinema, e dopo un po’, senza che nessuno desse il via, il gioco iniziò un’altra volta, e ripresero la corsa per la tortuosa città.

«Non capirò mai le loro regole» dissi.

«Non hanno un capo» disse Uli.

«Allora sarà una sorta di telepatia».

Fissammo la piazza, tornata vuota e silenziosa nella fioca luce al neon. Dissi: «Dovremmo avere un paio di campi di diamanti su al Nord, dove i ragazzi come te possono scavare».

«Ma non ce li abbiamo» disse Uli.

La proprietaria ci portò un secondo giro di birra e vodka.



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